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Istrana è un comune italiano di 8.223 abitanti della provincia di Treviso in Veneto. Istrana è conosciuta per il suo aeroporto militare sede del 51° Stormo dell'Aeronautica Militare, dove è ubicata, peraltro, la stazione meteorologica di Treviso.
Il 21 novembre 1981 la sua pista ha ospitato una gara tra Gilles Villeneuve, alla guida della Ferrari 126 Ck, e Daniele Martinelli al comando di un F104S.
Cenni Storici:
L’origine del nome di Istrana è affidato a varie congetture. La più attendibile sembra essere quella derivata da un agro locale di centuriazione romana che sarebbe stato sancito con la denominazione di Charta Histriana.Notevoli e ricorrenti, infatti, i richiami all’esistenza romana e preromana da queste parti, con cospicui ritrovamenti.I reperti più antichi, molto numerosi, risalgono ai periodi preromano e romano. Una delle tracce più evidenti, a proposito, è la via Postumia, realizzata nel 147 a.C. dal console Spurio Postumio Albino Magno e che tuttora rappresenta un'importante arteria stradale che scorre in linea retta a nord di Sala.I primi riferimenti toponomastici, comunque, compaiono a partire dal X secolo: Pezzan e Sala sono citate nel 996, Ospedaletto nel 997, Villanova nel 1014; Istrana, poi, è ricordata ancora più tardivamente (bolla Justis fratrum del 1152) tra le pievi della diocesi di Treviso.
Con la conquista della Serenissima, il territorio fu al centro degli interessi del patriziato veneziano che incentivò l'agricoltura ma anche l'arte locale (si ricordano alcune ville venete e le ricostruzioni di edifici sacri).
Durante la prima guerra mondiale Istrana si trovò nelle retrovie del fronte del Piave e ospitò un'infermeria, mentre a Sala venne aperto un aeroporto legato all'eroe Francesco Baracca.
Anche durante la seconda guerra mondiale soffrì bombardamenti e rappresaglie vista la sua posizione strategica
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Morgano è un comune italiano di 4.245 abitanti della provincia di Treviso, in Veneto. Si tratta di un comune sparso in quanto sede comunale è la frazione Badoere.
La struttura urbanistica è impostata su via San Martino (già via Bigolo e via Morgano) e sul corso del fiume Sile.
Cenni Storici:
Il territorio conserva tracce di presenza umana riferibili ad insediamenti di epoca preistorica. L'insediamento dell'attuale Morgano ebbe tuttavia origine forse in epoca romana, tra la fine del I secolo a.C. e gli inizi del I d.C., quando l'intera zona fu centuriata.Le prime notizie di Morgano si riferiscono all'esistenza di una chiesa dedicata a san Martino di Tours, che fu forse fondata intorno al IX secolo dai Franchi e che alla fine del XII doveva già essere un centro di culto importante.
Morgano è una delle località interessate dalle vicende umane e storiche che si svolsero tra il XI secolo e il XIII secolo e dalle numerose proprietà che videro protagonisti i vari componenti della famiglia degli Ezzelini. Proprietà che furono certosinamente accertate, censite e documentate dopo la loro definitiva sconfitta avvenuta nel 1260.
Fu feudo della famiglia comitale che ne assunse il nome: i conti Da Morgano ebbero un ruolo rilevante nella vita politica trevigiana, fino a quando non caddero in disgrazia, avendo complottato per consegnare Treviso a Cangrande della Scala, nel 1318.
Con l'annessione al governo della Serenissima il territorio fu suddiviso fra grandi proprietà terriere, gestite dai membri di poche nobili famiglie veneziane: i Basadonna, i Badoer, i Marcello.
Il primo castello di Morgano era stato incendiato e distrutto nel 1234, nel corso di una guerra tra padovani e trevigiani; più tardi, nel 1405, fu costruito un secondo fortilizio a Settimo, lungo il Sile, voluto dai Veneziani come protezione contro gli attacchi carraresi.
La popolazione condivise il destino degli abitanti l'entroterra veneto e godette di una certa prosperità, perché la presenza delle acque (il Sile, lo Zero, il Rio) garantì la pesca e le attività legate all'industria molitoria.
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D'ACQUISTO
SALVO
Vice brigadiere dei
Carabinieri (Napoli, 17 ottobre 1920 - Torre di Palidoro,
Roma, 23 settembre 1943) Medaglia d'Oro al V.M. -
Arruolatosi volontario nell'Arma dei Carabinieri il 15 agosto
1939, divenne carabiniere il 15 gennaio 1940. Il 28 ottobre
dello stesso anno venne mobilitato con la 608a Sezione
Carabinieri e sbarcò a Tripoli il 23 novembre successivo.
Tornato in Patria, dal 13 settembre 1942 fu aggregato alla
Scuola Centrale Carabinieri di Firenze per frequentarvi il
corso accelerato per la promozione a vice brigadiere, grado
che conseguì il 15 dicembre successivo. Una settimana dopo
venne destinato alla stazione di Torrimpietra, una borgata a
30 km. da Roma.
Il 23 settembre 1943, è scritto nel suo foglio matricolare, venne
fucilato dai tedeschi in località Torre di Palidoro. Tale nuda
annotazione va riferita ad uno degli episodi più eroici offerti da
un carabiniere nel corso della storia dell'Arma.
Dopo l'8 settembre 1943, a seguito dei combattimenti alle porte
della Capitale, un reparto di SS tedesco si era installato nel
territorio della Stazione di Torrimpietra, occupando una caserma
abbandonata della Guardia di Finanza e sita nella "Torre di
Palidoro" borgata limitrofa a Torrimpietra. In tale caserma, la
sera del 22 settembre di quello stesso anno, alcuni soldati
tedeschi, rovistando in una cassa abbandonata, provocarono lo
scoppio di una bomba a mano: uno dei militari rimase ucciso ed
altri due furono gravemente feriti. Il fortuito episodio fu
interpretato dai tedeschi come un attentato.
Il mattino successivo, il comandante del reparto si diresse alla
Stazione di Torrimpietra per ricercarvi il comandante. Vi trovò, in
assenza del maresciallo titolare della stazione, il vice brigadiere
D'Acquisto, al quale chiese perentoriamente di individuare i
responsabili dell'accaduto. Alle argomentazioni del giovane
sottufficiale, che cercò inutilmente di convincerlo sulla casualità
del tragico episodio, l'ufficiale tedesco decise la rappresaglia.
Poco dopo, Torrimpietra fu tutta accerchiata e 22 inermi ed
innocenti cittadini furono rastrellati, caricati su di un autocarro
e trasportati ai piedi della Torre di Palidoro.
Il vice brigadiere Salvo D'Acquisto, consapevole della tragica
situazione incombente sugli ostaggi, ancora una volta affrontò il
comandante delle SS per rinnovare il tentativo di portarlo ad una
obiettiva valutazione dei fatti. Nuovamente al giovane
sottufficiale venne richiesto di indicare i responsabili del
presunto attentato, ma la sua risoluta risposta negativa comportò
una irragionevole e spietata reazione. Gli ostaggi vennero
obbligati a scavarsi una fossa comune, chi con le pale portate
dagli stessi militari germanici, chi con le mani. A questo punto,
Salvo D'Acquisto si autoaccusò responsabile dell'attentato e chiese
la liberazione degli ostaggi, che ebbe luogo precedendo di poco
l'istante in cui egli offrì il petto alla scarica del plotone
d'esecuzione nazista. Ai
piedi della Torre di Palidoro il ventitreenne vice brigadiere
si affiancò così, idealmente, a tutti coloro che nella
Resistenza e nella Guerra di Liberazione avevano fatto dono di
sé stessi a un ideale di giustizia e di libertà.
Nel rapporto del 25 gennaio 1945 n. 20/7-11 di protocollo
riservato, inviato dal comandante della Legione di Roma al Comando
Generale dell'Arma, si legge che la sera del giorno dell'esecuzione
di Salvo D'Acquisto alcuni militari tedeschi, parlando con una
giovane del luogo, affermarono che il sottufficiale era "morto
da eroe, impassibile di fronte alla morte".
Alla Memoria del vice brigadiere Salvo D'Acquisto il Luogotenente
Generale del Regno, con Decreto "Motu Proprio" del 25
febbraio 1945, conferì la Medaglia d'Oro al Valor Militare con la
seguente motivazione:
"Esempio luminoso di altruismo, spinto fino alla suprema
rinunzia della vita, sul luogo stesso del supplizio, dove, per
barbara rappresaglia, era stato condotto dalle orde naziste,
insieme con 22 ostaggi civili del territorio della sua stazione,
pur essi innocenti, non esitava a dichiararsi unico responsabile
d'un presunto attentato contro le forze armate tedesche. Affrontava
così, da solo, impavido la morte, imponendosi al rispetto dei suoi
stessi carnefici e scrivendo una nuova pagina indelebile di
purissimo eroismo nella storia gloriosa dell'Arma".
Non
pochi comuni italiani hanno dedicato al suo nome strade o
piazze, così come sono a lui intitolate numerose caserme
dell'Arma nel cui culto era cresciuto Salvo D'Acquisto, nipote
per parte materna di tre persone che avevano in essa
militato.
Il 23 settembre 1983, 40° anniversario della morte di Salvo
D'Acquisto, l'Ordinario Militare mons. Gaetano Bonicelli, nella
omelia celebrativa del suo sacrificio, ebbe a dire tra
l'altro:
"Salvo D'Acquisto ha fatto il suo dovere in grado eroico, ben
oltre quello che il regolamento gli chiedeva.
Ma perché lo ha fatto- Forse, in quel momento tragico, gli sono
risuonate nel cuore le parole di Cristo. "non c'è amore più grande
che dare la vita per chi si ama". Ma anche se la memoria del testo
evangelico non l'ha aiutato, la forte educazione cristiana ricevuta
in famiglia e nella scuola gli ha fatto cogliere l'essenziale del
Vangelo che non è declamazione di parole, pur belle e sublimi, ma
testimonianza di vita.
Da tempo, e da ogni parte d'Italia, sono giunti al Santo Padre, al
Comando dei Carabinieri e a me come Vescovo militare, documenti e
petizioni perché a Salvo D'Acquisto venga riconosciuto questo
titolo di suprema nobiltà che è la santità. Dopo matura
riflessione, dopo aver invocata la luce dello Spirito Santo, dopo
aver consultato esperti e testimoni, nella mia qualità di
responsabile primo della nostra Chiesa, ho la gioia di dichiarare
che, secondo le forme previste dalla disciplina della Chiesa,
intendo avviare la causa di canonizzazione del vice brigadiere
Salvo D'Acquisto".
Il 4 novembre 1983, nella sede dell'Ordinariato Militare, è
stato insediato il Tribunale ecclesiastico chiamato a
decidere nella causa di canonizzazione del vice brigadiere dei
Carabinieri Salvo D'Acquisto.
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